In un periodo storico in cui si parla di difesa dall’invasione degli “altri”, di innalzare barriere, c’è chi decide di spalancare le porte del cuore e della propria casa grazie ai corridoi umanitari.
Facciamo un passo indietro. Il 30 gennaio una famiglia di profughi siriani, dopo tre anni in un campo profughi in Siria, grazie ai corridoi umanitari promossi dalla comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese arrivano a Roma ed ancora un po spaesati iniziano il loro viaggio verso al loro nuova casa.
<È iniziato tutto durante una cena con i volontari di Operazione Colomba organizzato a casa nostra> spiega Marta, una delle volontarie che <Quando ci hanno raccontato la loro storia, non c’è stato un grande ragionamento>. Da questo punto cambia la storia, una famiglia decide di farsi da tramite per permettere ad un’altra di essere felici, <nel momento in cui ascolti le testimonianze e vedi le fotografie-continua Marta- non puoi più fare finta di niente, diventi responsabile nei confronti dell’altra persona>. Organizzare l’accoglienza di un nucleo famigliare non è semplice ma <è stato tutto spontaneo-continua-c’è chi non è d’accordo con la nostra scelta, ma questo non deve rappresentare un ostacolo per non fare del nostro meglio per aiutare gli altri>.
Come mai continuano a partire sapendo a cosa vanno incontro? <In pochi si rendono conto che decidere di scappare dalla propria terra, abbandonando origini e tradizioni non è semplice> continua Paola <se lo fanno è perchè non hanno più nulla da perdere perchè vivono in condizioni tali che un muro non li spaventa>. Il riferimento non è solo al muro che Trump vorrebbe costruire negli Stati Uniti ma anche a quelli che abbiamo in Europa <è strano pensare che esiste la libera circolazione delle merci, delle idee ma per le persone esistono ancora barriere>.
La cosa che più colpisce è la completa spontaneità con cui viene vissuto questo processo di integrazione <questa mattina mi hanno fermato al bar per chiedermi che cosa potevano fare per aiutarli> racconta Paola <poco alla volta nelle persone scatta un corto circuito che cambia il loro punto di vista>. Incontrando Fatima, Hussein, Aya e Ghaith tutto quello che fino a pochi istanti prima erano racconti astratti diventano reali. Parole come rifugiato, immigrato scompaiono davanti al viso sorridente di due bambini che tornano a casa da scuola sorridendo. <È proprio questo che colpisce, persone viste come “alieni” ora sono i tuoi vicini di casa>. E se vi state chiedendo quale organizzazione abbia trasformato il sogno di una famiglia in realtà, la risposta è una sola: la comunità parrocchiale San Benedetto che coinvolge sei parrocchie di Sumirago ed Albizzate.